Movimenti per la decrescita e femministi – contrasti e convergenze

di Marco Sacco

Marco Sacco al convegno di Parma del 6 novembre 2015

Marco Sacco al convegno di Parma del 6 novembre 2015

Introduzione

L’intervento che propongo è basato sulla mia esperienza personale. Racconto prima il mio incontro con il pensiero della Differenza e poi quello con la Decrescita. Cercherò di trarne alcune considerazioni che spero possano essere degli utili spunti per la discussione della giornata.

 

Esperienza personale di incontro della della Differenza e della Decrescita

Da più di una decina d’anni frequento l’associazione Identità e Differenza di Spinea in provincia di Venezia che si occupa di evidenziare le pratiche ed elaborare il pensiero della differenza sessuale. Il nostro metodo di ricerca è sempre stato basato sul partire da sé e discutere con gli altri e le altre in presenza ovvero lasciando che il pensiero e i corpi degli altri interloquissero e ti contaminassero.
Per noi ogni esperienza personale può essere politica se si è in grado di coglierne gli aspetti generali e valoriali che possono essere comuni a molti e molte. È politica nella misura in cui la si riesce a comunicare e condividere con gli altri e le altre.
Prima di Identità e Differenza non avevo mai ragionato sull’influenza della differenza sessuale nel comportamento degli individui e della politica. Da allora, piano piano, ho capito che questa matrice, questo filtro con cui è possibile leggere la realtà, è utile per comprendere le situazioni, i comportamenti, consente di individuare le cause e può aiutare a fornire soluzioni di maggior spessore ai problemi che ci si trova davanti.
L’approccio che tiene in considerazione la Differenza sessuale lo propongo come modalità utile in generale, ma soprattutto lo racconto come modalità che io uso in prima persona.
I miei interessi più grandi sono stati sempre quello di difendere l’ambiente e promuovere l’equità sociale. Il mio desiderio è stato ed è quello di creare una società più giusta in cui gli esseri umani perseguono la propria felicità personale nel rispetto degli altri esseri viventi e dell’ecosistema in generale.
Nel 2009 ho incontrato il pensiero della Decrescita con cui ho sentito subito un’affinità. Man mano che ho approfondito i vari temi come i cambiamenti climatici, il consumo delle risorse, l’economia non monetaria, le migrazioni, ecc mi sono fatto sempre più convinto che le proposte della Decrescita in merito a stili di vita, produzione e organizzazione sociale possono essere soluzioni praticabili.

L’organizzazionee il Movimento per  la Decrescita

Il Movimento per la Decrescita Felice in cui milito è un’organizzazione nazionale strutturata in circoli territoriali abbastanza autonomi. Ho notato che tra i soci ci sono più o meno altrettante donne che uomini anche se poi nei Consigli Direttivi locali e nazionale prevalgono ancora una volta gli uomini. Non in maniera soverchiante, ma tendenzialmente è così.
Non credo nel sistema delle quote come risposta alla scarsa presenza delle donne tra le  figure apicali delle organizzazioni, siano esse politiche, imprenditoriali o del terzo settore, tuttavia mi sono speso perché anche nel nostro piccolo circolo (di Venezia) ci fosse una sorta di bilanciamento della presenza maschile e femminile. Per esempio, considerando che nel Direttivo ci sono più maschi che femmine, ho proposto che il ruolo di Presidente e rappresentante fosse ricoperto da una donna. Ogni qualvolta se ne presenta l’occasione, inoltre, cerco di coinvolgere le donne nel nostro movimento.
In effetti, noto contemporaneamente due elementi: da un lato il pensiero della decrescita, e il Movimento per la Decrescita Felice che conosco meglio, promuovono pratiche in linea con la sensibilità e il desiderio femminile evidenziati dal pensiero femminista, dall’altro la struttura organizzativa non è ancora frutto di una condivisione paritaria tra donne e uomini.
Per il primo aspetto, riporto il pensiero espresso pubblicamente da una donna che fa parte del Movimento: l’attenzione alle relazioni personali, alla cura, la spinta all’auto-produzione che promuove MDF dovrebbero facilmente trovare rispondenza nelle caratteristiche delle donne.
Per il secondo aspetto rilevo che, sostanzialmente, noi (MDF) non miriamo a prendere il potere ma solo ad influenzarlo, e questo credo sia già un passo utile alla partecipazione femminile, tuttavia sentiamo l’esigenza di organizzarci per raggiungere i nostri fini comuni. Per quanto l’organizzazione sia fluida e poco gerarchica, una struttura nazionale complessa ha portato a ricreare ambienti che sono simili a quelli della maggior parte delle altre organizzazioni sociali attuali.

Il Nuovo mondo deve essere pensato insieme

Io credo che nel momento in cui ci si mette a riflettere su un modello sociale che superi i limiti della società dei consumi e dello sfruttamento attuale, sia necessario farlo con attenzione alla prima differenza tra gli essere umani, quella sessuale.
Significa, cioè, porsi sia un problema di metodo che di merito: in relazione al primo aspetto c’è una semplicissima verifica da fare: i contributi che riusciamo ad ottenere provengono in misura simile da uomini e da donne? C’è una disparità immotivata tra la partecipazione e l’influenza apportata da uomini e da donne? Se, pur con dichiarazioni convinte e tentativi generosi, la riflessione è appannaggio per la gran parte di maschi non è forse opportuno fermarsi e riflettere sul perché? Per quanto le idee proposte possano sembrare le più opportune, le più tecnicamente efficaci, ecc. riteniamo possibile ricreare un mondo in cui una parte crea delle regole che poi propone come universali?
Mi pongo queste domande perché i cambiamenti climatici, l’esaurimento delle risorse e lo sviluppo tecnologico fanno pensare che nel futuro prossimo andremo incontro a grandi cambiamenti, o addirittura sconvolgimenti, nel nostro sistema sociale, economico e politico. Se si può dire che il sistema della crescita ha fatto sopportare grandi costi alle donne, non sarà che anche la decrescita farà altrettanto?

Superare la separazione tra esseri umani e ambiente

In relazione al secondo aspetto, quello contenutistico, anche in questo caso dobbiamo aspirare a superare un altra parzialità: quella dell’essere umano come soggetto separato dal resto dell’ecosistema. La scienza economica, che è quella che più guida le nostre azioni collettive, è basata su assunti che disconoscono l’esistenza dei limiti del pianeta alle azioni umane: l’economia è pensata come un processo lineare invece che funzionare in maniera circolare inserendo le nostre opere nel più generale contesto della vita nella biosfera.
È un pensiero, quello dell’economia lineare, che oggi sappiamo percepire come assurdo, mentre in epoche passate in cui le risorse della terra erano ancora abbondanti, è forse comprensibile che alcuni elementi come la limitatezza del petrolio o la quantità di anidride carbonica che si può immettere nell’atmosfera, non fossero stati presi in considerazione.
Tuttavia mi sembra che il percorso psicologico da fare sia simile a quello citato per il rapporto uomo donna: superare una parzialità, sollevarsi e saper far proprio lo sguardo degli altri, in questo caso degli altri esseri viventi e dell’ecosistema in generale.
Forse quello che manca è la capacità di comprendersi e sentirsi come parte di un tutto più ampio, che questo si realizzi attraverso una maggiore conoscenza delle leggi della fisica, o attraverso momenti di maggior spiritualità, non lo so.

Incarnare il dolore dello spreco

Personalmente a volte, quando vedo sprechi o sfruttamento della natura, sento come una ferita nel mio corpo. Soffro per l’abuso dell’energia da fonti fossili che si fa quando, ad esempio teniamo il riscaldamento acceso sotto una finestra aperta, quando ricopriamo di cemento i campi che prima ci circondavano oppure quando penso allo spreco di materia delle mille stoviglie usa e getta dei fast food veneziani, ecc.
Però quando cerco di comunicare la necessità di cambiare questi comportamenti mi scontro contro una mancata comprensione da parte di altri/e. Lo sviluppo tecnologico e le campagne culturali e mediatiche degli ultimi 60 anni ci hanno separato dalla natura rendendoci indifferenti alla sua preservazione. Il rovescio della comodità del tutto e subito e facile è che non sentiamo la fatica che fa l’acqua dalla falda acquifera al serbatoio idrico a torre e poi via via nei tubi e poi nel nostro lavandino. Mi trovo quindi a pensare che finché anche gli altri e le altre non sentiranno la stessa sofferenza che sento io, non riusciremo a comunicare e condividere la necessità di un’altra via.

La Terra Madre

Infine, e per tornare all’oggetto dei lavori della giornata, un’osservazione se volete banale, ma, credo rilevante: sia che ragioniamo sulle strade della fisica, che su quelle della morale, la similitudine potente è quella della terra come la madre: ci dà la vita, ci cura, e chiede essere curata perché il suo amore è anche la sua debolezza. La madre e la terra sono a disposizione degli uomini e delle donne ma sono anche inermi. Si dice spesso, non a torto, che ciò che gli uomini fanno alla terra sia un abuso, una violenza, uno stupro, usando una similitudine che deriva dal rapporto scorretto possibile tra uomo e donna.
L’uomo può esercitare sulla terra, come sul corpo della donna, un rapporto di dominio. Il pensiero della Decrescita vuole abolire il rapporto di dominio che l’uomo ha nei confronti della terra. Ma non è forse necessario abolire anche ogni forma di dominio verso il genere femminile? Non è forse necessario avere verso la terra lo stesso rispetto che si ha verso la madre?

Il lavoro di cura

Concluderei con una riflessione sul lavoro di cura: il lavoro svolto principalmente da donne di relazione e di attenzione ai bisogni dell’altro, non solo bambini, anziani e malati, ma in generale coloro con cui si viene in contatto. Nel movimento per la decrescita si dà molto spazio alla convivialità, ovvero alle relazioni basate sul piacere dello stare insieme. Spesso discutiamo di come inserire momenti di accoglienza e convivialità nelle nostre riunioni e nei nostri eventi. Abbiamo capito che prendersi cura della terra e prendersi cura delle persone vanno di pari passo. Ritirarsi dalla foga produttivistica anche quando si promuove la decrescita non è facile: il senso dell’urgenza, l’imminenza della catastrofe, ti spinge a pensare che non ci sia tempo. E le relazioni e la cura degli altri e le altre possono essere viste come un ostacolo. Io credo che non sia così: non ci si salva perseguendo la difesa della natura o la decrescita economica con gli stessi mezzi con cui si persegue la crescita economica e l’accumulazione capitalistica.

Marco Sacco

Intervento presentato a “Rigenerare il futuro – oltre la crescita, oltre il patriarcato”: seminario di studi sui movimenti sociali per la decrescita, l’ecologia, il femminismo di Parma del 5-6 novembre 2015.