Origini e un po’ di storia
Le radici
Fin dagli anni ’70 e ’80 ho fatto parte di un gruppo di donne e uomini che si incontravano per una ricerca culturale su come stare al mondo in relazione, attraverso l’uso della comunicazione (ovvero politica come comunicazione e fare politica come mettere in comunicazione) attenta alla complessità della persona per la realizzazione della comunità.
Allora la ricerca poneva a fondamento della possibilità di stare in relazione il riferimento al comune valore della persona: sia per donne che per uomini. Mi sono resa conto del limite di questa impostazione, secondo la quale proprio la peculiarità dell’essere donna non veniva riconosciuta a motivo della riduzione al neutro della persona che, come ben si sa, corrisponde alla persona maschile.
Sempre più spesso, negli incontri, facevo notare (suscitando le reazioni di fastidio degli uomini e anche di qualche donna) come noi donne non riuscivamo mai a far prendere pienamente in considerazione il nostro pensiero e ancora meno a far valere le nostre pratiche, se non per quel tanto che potevano venire utilizzate da loro. Pensieri e pratiche erano sempre ritenuti insufficienti a livello storico perché non corrispondevano al modo di pensare, di dire e di stare degli uomini.
Inizio del cambiamento: distinguere senza separare
Nel 1988, intorno alla relazione duale che vivevo con Marisa Trevisan, si era formato un gruppetto di donne che si incontravano tra loro in casa dell’una o dell’altra. Abbiamo sentito la necessità e quindi abbiamo scelto di iniziare tutte insieme una riflessione sulla nostra identità femminile, senza la partecipazione degli uomini.
Non volevamo però separarci dagli uomini perché, di fatto, li troviamo dappertutto e con loro abbiamo relazioni importanti e diverse in casa, sul lavoro, nelle istituzioni, ecc.. Eravamo convinte che ci tornava utile trasmettere anche a loro i risultati della nostra ricerca e i contenuti della nostra riflessione. Primo, perché era importante che anche gli uomini capissero che dovevano prendere coscienza e cambiare per non continuare a ridurre le donne all’immagine che di queste si fanno; secondo, per sollecitare gli uomini ad una ricerca sulla loro identità maschile per relativizzarla a sè e non viverla come universale e quindi applicarla anche a noi donne.
Molto pochi furono gli uomini che accettarono di continuare la ricerca ed il confronto su queste nuove basi. Si formarono comunque due gruppi di lavoro. Uno di sole donne (gruppo A) e l’altro di donne e uomini (gruppo B). Il primo si incontrava due volte al mese, il secondo una volta.
L’incontro necessario e l’autolegittimazione
Nel 1991, noi donne incontrammo il pensiero della differenza sessuale attraverso la lettura del libro di Luisa Murato “L’ordine simbolico della madre” e della rivista Via Dogana della libreria delle donne di Milano.
I pochi uomini rimasti (gruppo B) vennero coinvolti nella lettura di testi del pensiero della differenza sessuale a partire dai libri scritti dalle filosofe di Diotima e da altre. Da allora le donne e gli uomini dell’associazione iniziarono un cammino in cui le relazioni, la ricerca e lo scambio sono fondati per ciascuna/o sul vivere la propria differenza che può e continua ad essere nominata e riconosciuta nelle parole e nelle pratiche. Sono relazioni prevalentemente di donne, ma anche di donne e uomini.
Gli uomini, che sono aumentati di numero in questi ultimi dieci anni, riflettono su di sé e hanno interesse per il pensiero della differenza sessuale e per la sua pratica. Questi uomini, inoltre, non hanno difficoltà a riconoscere l’autorità femminile e la competenza simbolica di quelle donne che comunicano e praticano una politica altra, quella nata dalla politica delle donne (ovvero la politica delle relazioni).
Politica delle relazioni: unificare senza confondere
Oggi, “Identità e Differenza” è, nei fatti, una rete di relazioni, alcune molto forti, con aspetti anche di amicizia personale, altre centrate su un progetto politico e di ricerca, altre ancora di semplice conoscenza e di condivisione di alcune attività. Tutte però basate sulla pratica dello stare in relazione in maniera non strumentale, con nessun altro fine che la relazione stessa, luogo di comunicazione profonda e sincera.
Queste relazioni che sono molto creative e attive, di volta in volta, aprono spazi di ricerca e di politica, in luoghi privati come in luoghi pubblici, aprendosi alle cittadine e ai cittadini attraverso l’organizzazione di Laboratori, Incontri-scambio, Convegni e Mostre, Percorsi Comunicativi e, per un certo periodo, con un Foglio periodico per la circolazione di testi scritti dalle/dai componenti l’Associazione e altri.
Attraverso queste attività sono nate relazioni con donne e uomini di diverse provenienze culturali e politiche, e così nei laboratori ci troviamo a confrontarci ed elaborare con insegnanti, casalinghe, suore, amministratrici e amministratori delle istituzioni pubbliche e partitiche, religiose, ecc.
E’ di forte interesse per tutte/i sviluppare, attraverso il dialogo e lo scambio, quella creatività politica che permette di inventare pratiche e azioni inedite e insieme, donne e uomini, realizzare e fare emergere un modo altro di fare politica, quello che fa esserci nella pratica con il potere dell’amore. Abbiamo preso sul serio alcune pratiche politiche: quella del partire da sé, dal proprio desiderio profondo e dalla propria esperienza e sapere; quella dello stare in relazione per scambiare tutto ciò, ma anche per progettare e agire e proporre queste modalità di stare al mondo, nei luoghi della città e dei territori dove nascono e coltiviamo nuove relazioni.
Insieme, negli anni, abbiamo saputo far interagire soggettività diverse e differenti e abbiamo constatato che è possibile re-interpretare i conflitti in modo che non siano distruttivi, in quanto abbiamo scelto di farli diventare oggetto di ricerca e momenti di scambio, e perciò possibilità di ulteriori riflessioni e approfondimenti. Abbiamo cercato che la mediazione creativa d’amore fosse a fondamento delle nostre azioni politiche-culturali e per questo ci spendiamo.
Ci fa piacere quando donne e uomini della nostra associazione vengono riconosciute/i per questa attività che è una risorsa scarsa e pertanto preziosa, come tutte quelle risorse di grande valore di cui non c’è proprio abbondanza.
Pensiamo che se il confliggere non significa guerra, le cause e gli elementi del conflitto possono diventare strumenti per una maggiore conoscenza di sé, dell’altra/o e delle situazioni. Così diventa possibile poter affermare la propria verità senza negare quella dell’altro/a. Attraverso questa pratica siamo riuscite/i, qualche volta, ad allargare l’ambito del possibile e a fare azioni preventive di pace. “Confliggere senza distruggere” è un’arte difficilissima che impariamo con pazienza e con fiducia, anche se non mancano frustrazioni e “cadute”. Le difficoltà sono molte e il lavoro da fare non ha fine. Occorre un’attenzione continua per non venire “lette/i” attraverso il simbolico che circola normalmente e quindi diventa necessario elaborare parole e linguaggio adeguati e inventare sempre altre occasioni per darci nuove possibilità e libertà più ampie.
Scambio d’essere: un punto di arrivo e un punto di rilancio
E’ di fondamentale importanza stare sempre all’erta e pretendere che la differenza sessuale non venga cancellata o neutralizzata. Questo pericolo lo si corre anche all’interno della nostra associazione quando, in occasione di particolari discussioni, donne e uomini ricadono negli schemi della cultura patriarcale. Ci siamo accorte/i che è facile perdere quel guadagno di sapere acquisito nella consapevolezza della propria differenza sessuale.
E infatti ci tiene deste/i e ci dà energia proprio questo di più di sapere che, mentre ci fa sentire l’insufficienza di incontri in cui avviene solo uno scambio di idee e di riflessioni, fa sì che questi incontri siano costellati di contenuti ed esperienze di vita, di ricerca, di coraggio, di denuncia. Pensiamo che questo è il guadagno di una libertà di esistere che crea spazi nuovi e modi nuovi nei quali inventare la vita e le relazioni, dove ciascuna/o è se stessa/o e non si sente minacciata/o da omologazioni più o meno imposte.
E’ un guadagno anche interiore che si ottiene quando si sceglie di mettere in atto azioni di gratuità, perché la politica delle relazioni non strumentali scommette, prima di tutto, sulla possibilità di vivere con l’altra e l’altro un incontro dove avviene uno scambio d’essere.
a cura di Adriana Sbrogiò
Testo rivisto in Gennaio 2016